Un sub contro la violenza sommersa: intervista all'inventore del Gommone Rosa

di redazione di NoiNo.org

Claudio Tovani è un istruttore subacqueo ed è l'animatore di una singolare iniziativa di sensibilizzazione sui temi della violenza domestica, il "Gommone Rosa", che chi segue NoiNo.org su Facebook forse ha già notato. Claudio si presenta così: "Ho 49 anni, sono nato a Milano e lavoro in una società di software. Sto con la mia compagna da oltre otto anni, non ho figli ma lei ha due ragazze di 14 e 17 anni e spesso mi ritrovo a fare da tato o, come dicono loro, da Babu. Oltre al mare che occupa il posto principale, le mie passioni sono lo sport, la fotografia e la scrittura."
Claudio ci ha subito colpito: non tanto perché, da uomo, ha scelto di impegnarsi nel contrastare il fenomeno delle violenze maschili contro le donne. In fondo stiamo scoprendo che gli uomini attivi in questo campo sono più di quel che si crede. Forse perché Claudio si dà da fare semplicemente mettendo a frutto quel che sa e gli piace fare. Gli abbiamo fatto qualche domanda, e abbiamo scoperto che dietro il suo impegno c'è un'esperienza personale, di sofferenza ma anche di speranza, che Claudio non sbandiera ma che non nasconde neppure. Ci sembra una storia allo stesso tempo molto "normale" e allo stesso tempo significativa, che vogliamo condividere con voi. E poi abbiamo parlato di ruoli maschili, di eroi dei fumetti e... Be', l'intervista è qui. Per saperne di più su Claudio e sui prossimi eventi del Gommone Rosa, potete andare su www.claudiotovani.com e sulla pagina Facebook del Gommome Rosa, dove vengono pubblicati anche i bollettini dei versamenti effettuati.

- In cosa consiste il Gommone Rosa?
Il Gommone Rosa è un'iniziativa che porta i subacquei a contatto con il tema della violenza sulle donne. È un incontro che realizzo organizzando immersioni di gruppo in giro per l'Italia, e in questa attività sono di grande aiuto le scuole sub e i Diving Center che di volta in volta si occupano dell'organizzazione locale degli eventi.
La parte ludica, quella delle immersioni, è il pretesto ufficiale per ritrovarsi poi di fronte ad un aperitivo o una pizza e parlare di un tema a cui le persone pensano di essere estranee. Molti rimangono sorpresi quando scoprono che dietro alle donne uccise ci sono migliaia di casi di violenza domestica che rimangono nascosti sinché non succede l'irreparabile, e che la percentuale di donne vittime di violenza è così alta che ognuno di noi ha almeno un'amica o una collega in questa situazione.
Durante gli eventi del Gommone Rosa facciamo anche delle micro raccolte fondi che destiniamo integralmente ad Amnesty International, una delle prime organizzazioni ad approfondire questo tema, e ai centri antiviolenza del territorio. In realtà quello che realmente ci interessa è venire a contatto con quante più persone possibile.

- Da dove nasce il tuo impegno personale? Come mai ti senti coinvolto da questo tema?
La mia compagna ha avuto un marito violento. Quando qualche anno fa, dopo la separazione, lui ha iniziato a picchiare la figlia più grande, lo abbiamo denunciato per evitare che la ragazza attraversasse lo stesso calvario che era toccato alla madre. La mia fidanzata ha dovuto stendere una memoria dettagliata su tutti gli episodi di violenza fisica e psicologica che aveva subito prima della separazione, ed io le ho dato una mano nella revisione. Rileggere quella lista di umiliazioni e cattiverie, di pretesti strumentali per metterle le mani addosso è stata un'esperienza emotivamente devastante.
La cosa forse più sconvolgente è stato rendermi conto che quella situazione si era protratta per anni senza che lei ne parlasse con nessuno. Nonostante sia una donna forte e determinata, anche nel suo caso la vergogna e la speranza di un cambiamento l'avevano portata a scegliere il silenzio e l'attesa piuttosto che una soluzione magari dolorosa ma liberatoria.
Alla fine ha saputo reagire e riconquistare la felicità; ma se avesse parlato con qualcuno informato sulla violenza domestica, se avesse saputo che in quella situazione non c'era solo lei ma migliaia di donne, se le avessero spiegato che un uomo violento da solo non cambia o al limite cambia in peggio, forse avrebbe potuto evitare anni di angherie.
Quello che tento di fare con il Gommone Rosa è proprio questo: creare una maggior consapevolezza sul tema, sulle dinamiche che portano lentamente un uomo violento ad annientare l'autostima e la libertà della sua compagna. Far capire alla gente che non possiamo permetterci di ignorare quello che accade nell'appartamento di fianco, perché la violenza domestica non è un fatto privato ed intervenire non è un'intrusione ma un dovere morale. Se noi non lo facciamo con le nostre vicine di casa, non possiamo sperare che qualcuno lo faccia con le nostre amiche o le nostre figlie dall'altra parte della città.

- Quando hai cominciato, ti è mai capitato che qualcuno ti chiedesse "perché ti occupi di queste cose da femminista?"
L'unico a mettere apertamente in discussione il Gommone Rosa è stato un sito web che ha bollato uno dei nostri eventi come una "dimostrazione di  idiozia". Però, dal momento che sullo stesso sito apparivano articoli contro i neri, gli immigrati, i rom, gli omosessuali e via dicendo, in qualche modo ho interpretato l'articolo come un complimento ed un incoraggiamento ad andare avanti.
A parte quel caso, nessuno mi ha mai rivolto critiche o domande così dirette. Certo non mi illudo che tutti la pensino come me, ma chi considera normale la violenza sulle donne preferisce non esporre apertamente le proprie teorie. Si tratta di persone che trovano più semplice continuare a perseguire i propri obiettivi nel piccolo, nell'anonimato e soprattutto lontano da sguardi indiscreti.

- Hai mai avuto a che fare direttamente con uomini violenti o con donne che subivano violenza?
Ho conosciuto diverse donne che hanno subito violenza fisica, moltissime che hanno subito e continuano a subire violenza psicologica.
So di aver conosciuto un paio di uomini violenti, ma probabilmente quelli con  cui sono venuto a contatto sono molti di più. Del resto non parliamo di uomini con caratteristiche evidenti, appartenenti a un ceto sociale o un livello culturale ben definito. La violenza domestica è trasversale all'ambiente in cui viviamo sia per fasce di reddito che per titolo di studio, e paradossalmente tanto più l'uomo è violento in casa tanto più è impeccabile la sua immagine pubblica. Per questo motivo è abbastanza difficile assistere di persona ad un episodio di violenza domestica, mentre è molto più facile sentirne i rumori attraverso il muro di casa.

- Cosa credi che possa o debba fare un uomo in casi come questi?
Intervenire immediatamente, senza timore e senza sentirsi un ficcanaso. Nella stragrande maggioranza dei casi basta suonare al  campanello per interrompere un episodio di violenza ed evitare che si ripeta troppo presto. Molti uomini violenti in casa contano proprio sulla "discrezione" dei vicini per poter fare indisturbati quello che vogliono, ma non appena li si mette sotto i riflettori diventano bravi a controllare la propria aggressività.

- Quando leggi dei casi di cronaca che riguardano i femminicidi o le violenze, ti senti coinvolto o toccato in quanto uomo?
Inevitabilmente. Anche se non siamo materialmente violenti, siamo più o meno tutti impregnati di una cultura maschilista che ci rende complici nostro malgrado. Per consolidare questa cultura basta ridere ad una battutaccia offensiva, sfoderare occasionalmente una frase sessista, o anche solo evitare di prendere posizione contro la violenza sulle donne.
Se vogliamo che le cose cambino dobbiamo innanzitutto imparare a pensare, parlare e comportarci quotidianamente in modo da smantellare il preconcetto che vuole la donna subalterna al maschio.

- Alcuni uomini (media, commentatori, politici, gruppi su internet ecc.) sostengono che gli uomini "per natura" avrebbero un ruolo autoritario, e che le donne che lo sfidano sostanzialmente "cercano guai". Che ne pensi?

Che è un peccato vedere tutti quei neuroni buttati nella spazzatura.
L'articolo 3 della nostra Costituzione dice che "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione". Lo stesso concetto si trova nell'articolo 2 della Dichiarazione dei Diritti Umani.
Questo è il nostro tempo. Chi vuole invocare presunti diritti divini o naturali per giustificare posizioni di superiorità, ha sbagliato secolo ed è il caso che si ravveda.
Inoltre dire che un essere umano (uomo o donna che sia), cerca guai se pretende rispetto e libertà, è strumentale, pretestuoso e vile.

- Tu con che modello di virilità sei cresciuto? Quali erano i tuoi "uomini-mito"?

Da piccolo ero affascinato dalla figura dell'eroe buono. Zagor-Te-Nay, Robin Hood, l'ultimo dei Mohicani. Mi piaceva l'idea della loro forza fisica messa a disposizione del bene.
Crescendo si sono aggiunti uomini che erano forti in modo diverso: John F. Kennedy, Martin Luther King, Mahatma Gandhi, personaggi che hanno saputo combattere pregiudizi e cambiare il modo di pensare di milioni di persone.
Adesso che sto per compiere cinquant'anni gli eroi sono sempre gli stessi, ma in cima alla lista ho messo mio padre, un uomo che ha sempre fatto ciò che considerava moralmente giusto anche a scapito del proprio interesse o di facili opportunismi.

- La società (famiglia, politica, scuola, sport, tv, internet…) secondo te propone uno o più modelli di "vero uomo" o "uomo giusto"? Se sì ce li descrivi in 5 aggettivi?

Ho delle grosse difficoltà a rispondere, perché sono tendenzialmente ottimista ma un modello di "vero uomo" o "uomo giusto" non riesco a vederlo, e mi rifiuto di considerare tale lo stereotipo dell'uomo di successo che dà il meglio di sé usando una certa marca di rasoio. Abbiamo puntato per anni su un'identità basata sui soldi, sull'ostentazione del benessere economico, sull'assunto che SEI solo in funzione di quello che HAI, ed oggi che siamo più o meno tutti penalizzati dalla crisi, siamo in difficoltà a crearci un'immagine nuova. Mi dispiace, passo la mano sui cinque aggettivi.

- Tu fai lo sportivo per passione e mestiere. E lo sport è da almeno un secolo un punto di riferimento per l'identità maschile. Da questo "osservatorio" come li vedi gli uomini di oggi? Secondo te è vero quanto si dice sulla crisi dell'identità e del ruolo maschile, sulla paura per le capacità delle donne ecc?
Mi rifaccio alla domanda di prima, e la risposta è sì. Siamo probabilmente in difficoltà nel mantenere una sicumera legata ad un benessere che non c'è più, e dobbiamo confrontarci con donne che invece sul fronte economico hanno sempre avuto vita difficile ed hanno imparato a conquistarsi i loro successi con molta concretezza e determinazione.
Io la vedo come un'opportunità, perché sono convinto che abbiamo molto da imparare ed avere una compagna che ci aiuti a crescere è una fortuna immensa. Dal canto mio ho sempre pensato che se ci sono dei ruoli tra uomo e donna, ci sono nell'intimità. Tutto il resto è e deve essere arricchimento e scambio reciproco.

- Secondo te è vero che nei gruppi maschili si fa fatica a mettessi in discussione, ad ammettere difficoltà, debolezze?
Verissimo, ma è legato ad un retaggio che potremmo decidere di lasciarci alle spalle in qualsiasi momento. Cerchiamo di essere razionali: ostentare una sicurezza che non abbiamo ci rende solo ridicoli, e ammettere una debolezza non significa dover fare i piangini da mattina a sera.
Puoi combattere solo i nemici che vedi, e per sconfiggere le paure che hai dentro il primo passo è tirarle fuori. Gli amici, e i gruppi di uomini come te, servono anche a questo.



2 Commenti


mimma
26/09/2013

Bella intervista!La useremo quando facciamo gli incontri con i ragazzi nelle scuole dove, come centro antiviolenza (Cadom di Monza) costruiamo progetti sulle relazioni ed il rispetto Mimma


Amm
19/09/2013

bella intervista, grazie a tutti!


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